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Il lavoratore italiano sogna l’estero e intanto investe su se stesso

23 Lug 2011
Federico D
Contratti

La nuova frontiera del lavoro per gli italiani è sempre più l’estero. È questo quanto emerge dallo studio trimestrale di Randstad, una delle più diffuse agenzie di interinale nel nostro continente, che ha analizzato il mercato del lavoro in ben 29 nazioni.

Gli italiani, soprattutto quelli di fascia giovane, sono convinti che nel prossimo futuro ci sarà un grande flusso di lavoratori che cercheranno e troveranno impiego oltre confine.

Lo pensa almeno il 76% degli intervistati che rappresenta una percentuale altissima soprattutto se rapportata a quella di altre nazioni importanti come gli Usa dove solo il 38% delle persone crede di dover emigrare all’estero per cercare un’occupazione.

Inoltre il 64% dei lavoratori italiani è convinto nell’ultimo anno di aver acquisito maggiori competenze anche se non sono state riconosciuti dai proprio capi.

Il che può portare molte volte ad una sensazione di frustrazione soprattutto se non si avanza di grado o se non si migliorano le possibilità lavorative.

Il 40% degli intervistati ha anche confermato di avere molte ambizioni dicendosi disposto ad assumere funzioni di maggiore responsabilità anche a parità di stipendio, mentre l’82% del campione aspira in maniera costante alla promozione professionale, soprattutto nel settore privato e nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni che è considerata quella progettualmente più efficace.

Un chiaro segnale di come i lavoratori ambiscano a sentirsi parte attiva nelle loro aziende che si scontra con la poca volontà di queste ultime nell’investire in formazione professionale. Solo il 50% degli intervistati infatti ritiene adeguate le risorse investite e soprattutto i metodi inusati per crescere professionalmente. Così almeno il 53% delle persone ritiene di essere sottoqualificato nel proprio impiego mentre il 41% di loro ritiene che colleghi andati via prematuramente per lavorare in altre aziende stiano ottenendo risultati migliori.

Ai lavoratori italiani resta quindi da sperare in un avanzamento di ruolo e funzione per posti lasciati vuoti da pensionamenti (il 43% degli intervistati lo sostiene), ma intanto la maggioranza sta cercando di investire sul futuro non smettendo di imparare cose nuove e implementando le competenze. Perché per emigrare c’è sempre tempo.

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competenze, estero, formazione professionale, lavoro, pensionamenti, Randstad, responsabilità, stipendio



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