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La riforma del lavoro ignora i precari

27 Mar 2012
Federico D
Contratti, Politiche Sociali

Una riforma benedetta da alcune parti, osteggiata da altre. Necessaria, certo, per equilibrare il mondo del lavoro. Ma andatelo a spiegare ai precari che ancora una volta sembrano gli unici veramente tagliati fuori anche con le nuove regole. E per la maggior parte si tratta di giovani che continuano a vivere in situazione instabile.

Lo ha rimarcato un interessante articolo de ‘Il Messaggero’ che ha fotografato una situazione a dir poco drammatica. Infatti secondo le ultime stime dell’Isfol al momento ce ne sarebbero almeno

676mila, quasi tutti sotto i 40 anni e un reddito medio al di sotto di 10.000 euro l’anno. E per loro, anche con la riforma dei contratti, non sono previsti ammortizzatori sociali.

I cosiddetti ‘co.co.pro.’ infatti non sono previsti  nei nuovi contributi previdenziali. Perché pur prestando un’opera che è ai limiti, se non in molti casi oltre, di un lavoro subordinato, tutti i precari  non hanno diritto alla nuova Aspi, ossia l’assicurazione sociale per l’impiego che scatta nel momento in cui si perda il posto di lavoro. E non può bastare la volontà mostrata dal governo di mettere a regime un meccanismo una tantum, oggi pari al 30% del reddito dell’anno precedente, con un massimale di 4.000 euro.

Per accedere al contributo serve non avere lavoro da almeno 2 mesi, un reddito tra 5.000 euro e 20.000 euro, tre mesi di contributi nell’anno precedente quello della richiesta e almeno un mese di contributi versati nell’anno in corso. Lo dice la storia: tra il 2007 e il 2010 ne ha beneficiato solo il 6,2% dei collaboratori a progetto che hanno perso il lavoro, pari a 149.000 persone, che in media hanno ottenuto un indennizzo di 2.536 euro. E fa specie considerare che su 34.185 domande sono state accolte solo 9.249.

Questo a fronte del fatto che, secondo l’indagine Isfol, circa il 70% di questi lavoratori si presenta tutti i giorni con un orario determinato presso il proprio datore e sono lì gli strumenti che utilizza per il proprio impiego a significare che si tratta di un lavoro da equiparare a quello subordinato, pur con una paga inferiore e soprattutto minori garanzie. Con la nuova riforma ci saranno molte più limitazioni e in caso di reiterazione del rapporto si potrà arrivare ad un’assunzione a tempo indeterminato. Ma parliamo solo di carta, non di realtà.

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